Porto Gioia Tauro. Arrestati due funzionari dell'Agenzia Dogane e Monopoli

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La Guardia di Finanza ha arrestato due funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in servizio al porto di Gioia Tauro e una dipendente di una società di spedizioni. I tre, per l’accusa, sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di droga aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta. Complessivamente sono 7 gli indagati dalla Dda reggina, con il supporto di Eurojust, tra i quali anche un terzo funzionario doganale, già arrestato in un’altra operazione nel 2022. Gli investigatori avrebbero accertato 5 importazioni di cocaina tra giugno 2020 e ottobre 2022, per oltre 3 tonnellate di droga, 2,7 delle quali intercettate dai finanzieri. In carcere sono stati portati i funzionari dell’ADM Antonio Pititto, 60 anni, residente a Mileto, addetto al controllo scanner e Mario Giuseppe Italo Solano, 51 anni, residente a Limbadi, in servizio all’ufficio antifrode addetto alla “visita merci”. Ai domiciliari è stata posta Elisa Calfapietra, 36 anni, residente a Gioia Tauro. Le indagini sono state condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria-Gico di Reggio Calabria, anche con la collaborazione di personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e dagli esiti sarebbe emerso che i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale, ora disarticolato, costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della piana di Gioia Tauro. I doganieri, secondo l’accusa, avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati. Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso dei controlli ordinari. Tra l’altro, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, se il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i verbali di sequestro per giustificare la perdita della droga, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito. Uno dei funzionari doganali, inoltre, si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito ad eventuali operazioni condotte dalla Guardia di finanza, con l’intento di evitarne l’arresto.