Dimensionamento scolastico, fra demagogie e mezze verità. Il pensiero del Dirigente Capria

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Riceviamo e pubblichiamo

C’è una cosa che unisce, in una sorta di strana predisposizione al macroscopico errore, le ultime gestioni del Ministero della Scuola (meglio definirlo così): affrontare le politiche educative in una logica di legislatura (dunque senza ampio respiro) e come un puro calcolo ragionieristico. E l’unica motivazione (mai giustificazione) che sta dietro al provvedimento sul dimensionamento della rete scolastica - previsto dalla legge di bilancio 2023 che ridefinisce il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi - è solo e soltanto questa. Come sempre ci si nasconde dietro il ciclico refrain “ce lo chiede l’Europa”: ma che non sia vero, lo sanno anche i bambini. A fronte del problema denatalità̀, a cui paradossalmente si risponde aumentando i parametri, il PNRR prevedeva di “ripensare l’organizzazione del sistema scolastico, soprattutto attraverso una riduzione del numero medio di studentesse e studenti per classe, a vantaggio della qualità̀ dell’insegnamento, e parametri nella gestione della rete scolastica per la prima volta regionali. Mai, e sottolineo mai, la Commissione o il Consiglio Europeo ci ha chiesto di tagliare le Istituzioni Scolastiche. La legge di bilancio 2023 impone alle Regioni di avere tante scuole quanti sono i dirigenti assegnati dal governo centrale nonostante - ope legis - l’organizzazione della rete scolastica sia una delle prerogative delle regioni. Non è un caso che alcune abbiamo fatto ricorso alla Corte costituzionale e molte non abbiano firmato l’intesa, tra cui due regioni di centrodestra. Dietro l’ormai liso schermo del Pnrr, che ben altro chiedeva, si è stabilito che - in un periodo di accresciuto aumento dei compiti attribuiti alle scuole, sempre più complessi anche per una ridondante e inutile burocrazia a partire proprio dalle riforme previste dal piano, ed in tempi di grave denatalità - si accorpino scuole con un aumento di sedi e comuni e, di conseguenza, delle difficoltà di gestione: delle volpi, c’è poco da dire! E le cc.dd. reggenze, non c’entrano assolutamente nulla. Ci saranno seri problemi nelle segreterie oberate di lavoro, avranno problemi gli alunni delle scuole in zone più fragili, avrà problemi il personale Ata (che, statene certi, a partire dall’anno scolastico 2025/26 sarà ridotto) avranno problemi i dirigenti scolastici; altro che “miglioramento dell’efficienza amministrativa ed ordinata e corretta gestione delle Istituzioni scolastiche”. Da molto, troppo tempo nel nostro Paese – al netto dei colori dei governi che si succedono, politici o tecnici che siano – è assente un’idea razionale di scuola, uno scenario possibile da pensare, studiare e realizzare con tempi doverosamente distesi. Improvvisazioni, rincorse di risultati positivi in sciocchi test, cambi di denominazione e slogan utili per le dirette social non incideranno minimamente; men che meno tagli camuffati da razionalizzazioni. Con la scuola e sulla scuola ci giochiamo il futuro del nostro Paese; demagogie e mezze verità avveleneranno i pochi pozzi attivi rimasti. “Se pensate che l'istruzione sia costosa – diceva  Derek Bok, già rettore dell’Università di Harvard - provate con …l'ignoranza”.

Alberto Capria – Dirigente scolastico, Vibo Valentia.