REGGIO CALABRIA. ARRESTATI CAPI E AFFILIATI ALLA COSCA LABATE 'TI MANGIU': PER LA PRIMA VOLTA COLLABORANO IMPRENDITORI

, Published in Reggio Calabria
  • Parent Category: Notizie
  • Hits: 1000

Una vasta operazione della Polizia denominata "Helianthus", coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha portato all’arresto di 14 persone tra capi, luogotenenti ed affiliati alla pericolosa cosca di ‘ndrangheta Labate detta anche 'Ti mangiu' che controlla il quartiere Gebbione della città. L'inchiesta ha consentito di ricostruire gli assetti e le dinamiche criminali del clan facendo luce sugli affari economici, in particolare nei settori delle scommesse on line, delle slot machine e dello sfruttamento delle corse clandestine di cavalli ma anche imponendo il pizzo agli imprenditori, specialmente quelli impegnati nell'esecuzione di appalti nel settore dell'edilizia privata nell'area ricadente sotto il dominio della consorteria mafiosa. Ad alcuni imprenditori veniva anche imposto con la forza dell'intimidazione l'acquisto di prodotti da aziende nella disponibilità del clan. Ad un commerciante è stato impedito di aprire una pescheria nel quartiere perché dava fastidio al titolare di un analogo esercizio commerciale, affiliato alla cosca. Le indagini da cui scaturisce l'operazione Helianthus, iniziate nel 2012, portarono, a distanza di oltre un anno, il 12 luglio 2013, alla cattura del latitante Pietro Labate, leader carismatico e capo storico della cosca che porta il suo nome. L'uomo, nell'aprile 2011, era sfuggito all'esecuzione del fermo emesso dalla Dda ed eseguito dalla Squadra mobile nei confronti di capi e gregari delle cosche Tegano e Labate nell'ambito dell'operazione "Archi". Al culmine di un'intensa e attività investigativa supportata da intercettazioni telefoniche e ambientali e da sistemi di video sorveglianza, nell'estate del 2013 gli investigatori della Squadra mobile localizzarono e catturarono il boss latitante mentre si muoveva a bordo di uno scooter vicino al torrente S. Agata. Nel covo in cui aveva trovato rifugio, non distante dal luogo in cui era stato localizzato, vennero scoperte alcune agende sulle quali il boss aveva annotato nomi di persone, importi e denominazioni di ditte rivelatesi determinanti ai fini dell'accertamento della penetrazione dei Labate nel tessuto di alcune attività economiche e commerciali locali. Sequestrate anche aziende del valore di circa 1 milione di euro operanti nel settore alimentare e della distribuzione di carburanti tra Reggio, Roma, e Cosenza. Per la prima volta affermati imprenditori reggini del settore edile e immobiliare, dopo un'iniziale ritrosia per il timore di subire rappresaglie, hanno collaborato con i magistrati della Dda di Reggio Calabria. Tra gli arrestati figurano il boss Pietro Labate a cui il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere essendo detenuto per altra causa, al fratello Antonino reggente della cosca durante il periodo di latitanza di Pietro, al cognato Rocco Cassone e ad altre nuove leve della consorteria.